Punti Di vista #9 – 𝑨𝒔𝒕𝒆𝒏𝒔𝒊𝒐𝒏𝒊𝒔𝒎𝒐

Punti Di vista #9 – 𝑨𝒔𝒕𝒆𝒏𝒔𝒊𝒐𝒏𝒊𝒔𝒎𝒐

di Noemi Spoleti

Nuovo appuntamento con la nostra rubrica domenicale #PuntiDivista.
Uno spazio per analisi, suggerimenti di approfondimento e letture "pazienti".
Questa settimana il contributo di Noemi Spoleti, membro della Delegazione giovani del Partito Democratico di Desio, ci impone una riflessione sul tema dell’astensionismo.

Punti Di vista #9 – 𝑨𝒔𝒕𝒆𝒏𝒔𝒊𝒐𝒏𝒊𝒔𝒎𝒐
di Noemi Spoleti

Nuovo appuntamento con la nostra rubrica domenicale #PuntiDivista. Uno spazio per analisi, suggerimenti di...

Posted by PD Desio on Sunday, March 19, 2023


All’indomani di due importanti appuntamenti elettorali, le elezioni politiche del settembre 2022 e le elezioni regionali del Lazio e della Lombardia che hanno avuto luogo lo scorso febbraio, le analisi politiche e demoscopiche post voto hanno evidenziato la presenza di un solo grande vincitore: il partito del non voto, il partito dell’astensionismo.

Qualche dato, per uno sguardo realistico sul tema.
Alle scorse elezioni per il rinnovo del Senato e della Camera ha votato il 63,91% degli aventi diritto: si tratta del dato più basso mai registrato per le elezioni politiche, in tutta la (seppur breve) storia repubblicana. Quattro anni fa, nella tornata del 2018, l'affluenza era stata del 72,94% per la Camera e del 73% per il Senato.

Per quanto riguarda le scorse elezioni regionali, in Lombardia l’affluenza è stata del 41,67%; nel 2018 l’affluenza in Lombardia era stata del 73,11%.
Nel Lazio invece l’affluenza è stata pari al 37,2%; nel 2018 l’affluenza nel Lazio era stata del 66,55%.
Volgendo poi l’attenzione alle ultime elezioni comunali del 3-4 ottobre 2021, la partecipazione al voto per il rinnovo dei Consigli comunali è scesa ai minimi storici, andando per la prima volta sotto il 55%, vicina a quella delle elezioni europee del 2019.

Ovviamente, quelli appena citati sono tre livelli elettorali differenti, che risentono necessariamente di dinamiche ed influenze peculiari, con conseguente necessità di differenziare anche la lettura dei dati in ragione dello specifico ambito territoriale cui fanno riferimento e delle relative condizioni socio-economiche del corpo elettorale che coinvolgono.

Ma in questa sede proveremo a proporre un’analisi unitaria dell’elemento che accomuna tutti e tre i livelli elettorali: l’elevato tasso di astensionismo.

I dati appena delineati destano preoccupazione ancora maggiore se si considera che l’Italia è un paese che, storicamente, ha fatto registrare tassi di affluenza alle urne molto elevati. Infatti, nel 1948, alle prime elezioni per la Camera dei deputati, gli astenuti erano appena il 7,8 % e nel 1953, successiva tornata elettorale, il tasso di astensionismo si attestava addirittura intorno al 6,2 %.
Nel 1983 gli astenuti arrivano al 12 %. Dopo una piccola discesa del 1987 (11,1%), il numero degli astenuti inizia a salire: dal 12,7 nel 1992 al 13,7 % nel 1994. Due anni dopo i non votanti salgono al 17,1 %.

Come si evince dai dati riportati, l’astensionismo in Italia, negli anni, si è trasformato progressivamente da fenomeno fisiologico a manifestazione patologica; infatti, il dopoguerra è stato complessivamente caratterizzato da grande partecipazione; in seguito, a partire dai primi anni ‘90 del secolo scorso, con l’avvento della crisi dei partiti innescata dalla massiccia inchiesta “Mani Pulite” vediamo le percentuali di astensionismo salire progressivamente, sino a giungere, in seguito alla Grande Recessione del 2008, ad un punto di non ritorno.

L’entità del fenomeno ci impone un’analisi seria e approfondita delle cause, nonché il tentativo di proporre soluzioni.
In prima approssimazione, per provare a dare una lettura al declino della partecipazione al voto si può, innanzitutto, distinguere tra astensionismo c.d. apparente ed astensionismo c.d. reale.
L’astensionismo “apparente” incide sulla percentuale di partecipazione al voto in ragione:
1) delle diverse definizioni legislative del corpo elettorale nei vari tipi di elezioni;
2) del conseguente diverso modo di tenere conto degli iscritti all’AIRE (Anagrafe italiani residenti all’estero) nelle elezioni per il Parlamento nazionale, per il Parlamento europeo, per le Assemblee regionali e per i Consigli comunali;
3) delle incongruenze negli archivi anagrafici degli oltre 7.900 Comuni italiani e nelle liste elettorali che da detti archivi vengono elaborate.

Invece, l’astensionismo reale, fortemente in crescita, si può suddividere in tre diverse classi facendo riferimento alle motivazioni esplicite o implicite alla base della decisione di non recarsi alle urne.
La prima classe è quella dell’astensionismo involontario, che dipende dall’impossibilità materiale di recarsi alle urne a causa di impedimenti fisici o materiali, o di altro genere.
È il caso, ad esempio, dei grandi anziani, dei malati in casa, delle persone con disabilità, ma molto elevato è anche il numero degli elettori impossibilitati a votare a causa di soggiorni temporanei fuori dal Comune di residenza per motivi di studio (si tratta dei così detti “studenti fuori sede”), lavoro, vacanza, o altro.
La seconda classe è quella dell’astensionismo per disinteresse verso la politica. Secondo questa prospettazione non andrebbero a votare gli elettori che hanno maturato una progressiva disaffezione e allontanamento dalla politica oppure che si trovano in posizione di marginalità culturale e sociale, poco o nulla interessati ai fatti pubblici.
Infine, nella terza classe troviamo l’astensionismo di protesta: si tratta degli elettori che dissentono esplicitamente dalle politiche governative e di quelli che contestano la classe politica con posizioni chiaramente anti-establishment, oppure quelli che non hanno fiducia nel metodo (elettorale) democratico, con posizioni radicali, a volte anche neo-autoritarie.

Con riferimento alla citata seconda categoria di elettori astensionisti, è bene rilevare come alcuni interessanti studi abbiano osservato una correlazione particolarmente evidente tra il livello di benessere socio-economico dei cittadini e la partecipazione alla vita pubblica e, quindi, al voto; ciò nel senso che sarebbero maggiormente incentivati a prendere parte attiva nella vita democratica i cittadini che non hanno gravi problemi economici o che, pur avendoli, nutrono ancora fiducia nella capacità della politica di dare risposte efficaci alle proprie difficoltà.
Quando le ristrettezze economiche personali e famigliari sono sovrastanti o l’esperienza pregressa alimenta sfiducia verso il ceto politico, la scelta della non partecipazione tende a diffondersi anche in un paese, come l’Italia, con una tradizione partecipativa elevata.

La lettura appena proposta diviene particolarmente preoccupante se portata alle estreme conseguenze: il venir meno della partecipazione politica può essere un campanello d’allarme di un processo che mette in discussione le istituzioni democratiche nel momento in cui queste non siano in grado di fornire risposte e soluzioni alla crescente disuguaglianza e povertà diffusa tra la popolazione.

Individuate ed analizzate le cause dell’astensionismo, il passo successivamente necessario impone la ricerca di una serie di strumenti utili a fornire soluzioni al fenomeno, che, come abbiamo osservato, è particolarmente rischioso per la buona salute del sistema democratico e per la rappresentatività delle nostre istituzioni, con specifico riferimento alle assemblee elettive (Parlamento, Consigli Regionali, Consigli Comunali).

Come è ovvio, il “tipo” di astensionismo su cui è più facile e immediato intervenire a livello legislativo è proprio quello che abbiamo chiamato (riprendendo ovviamente la definizione da alcuni studi sul tema) “astensionismo involontario”.
Infatti, se il problema dell’astensionismo involontario si presenta in ragione del fatto che le modalità di voto sono oggi troppo “rigide” ed inadatte a sposare le esigenze di una vita sempre più frenetica e caratterizzata da mobilità continua dei cittadini, anche sul territorio nazionale (in particolare per ragioni di studio e lavoro, come per i c.d. “fuori sede”) e se la popolazione è sempre più anziana, si rende allora necessario adeguare le regole per la partecipazione democratica alle nuove esigenze del corpo elettorale di una Repubblica, oggi moderna e matura, quale è l’Italia.

A questo proposito, alcune tra le soluzioni possibili - individuate anche nel c.d. “Libro bianco sull’astensionismo”, un ricchissimo report stilato da una commissione di esperti riunitasi durante il Governo Draghi che ha analizzato assai approfonditamente il tema dell’astensionismo dal punto di vista empirico, eziologico e delle soluzioni esplorabili – potrebbero essere ricercate nel voto per delega, nel voto elettronico, nel voto per corrispondenza, nel c.d. voto anticipato presidiato, nel voto in un seggio diverso da quello di residenza il giorno delle elezioni, nella possibilità di facilitare le operazioni di voto in favore di persone disabili, malate e anziane.

Queste sono solo alcuni dei tanti strumenti che la politica potrebbe implementare per facilitare l’accesso al voto per i cittadini e ovviamente in questa sede non ci è possibile fare ulteriori approfondimenti, ma la strada da fare è ancora molto lunga!